La carne sintetica, così come il latte, il pesce ed i mangimi sintetici, almeno per il momento, restano una mera utopia nel nostro Paese. Dopo la stretta imposta dal governo Meloni con tanto di sanzioni a carico di coloro che non rispetteranno il divieto di produrre e commercializzare alimenti e mangimi realizzati in laboratorio, il dibattito è rimasto comunque apertissimo.
L’alimentazione diventa oggetto di discussione di un tema molto caldo e che ha a che fare con il cambiamento climatico: come riuscire a far fronte a questo mutamento che inevitabilmente sta alterando l’ambiente in cui viviamo, così come l’economia, la società e la salute dell’uomo. Come affrontare questa importante sfida?
La carne sintetica, tra scetticismo e alternativa ecosostenibile

Attorno al tema della carne sintetica c’è molto scetticismo, soprattutto nel nostro Paese. Non a caso Ettore Prandini, presidente di Coldiretti, ha aspramente contestato il cibo in provetta ritenendo che le bugie create attorno ad esso confermerebbero “una strategia delle multinazionali che, con abili operazioni di marketing, puntano a modificare stili alimentari naturali fondati sulla qualità e la tradizione”.
A suo dire non si tratterebbe di vera carne, bensì di un “prodotto ingegnerizzato” che non produrrebbe alcun vantaggio per l’ambiente dal momento che richiederebbe un maggiore consumo di acque e di energia rispetto ai tradizionali allevamenti. Né aiuterebbe la salute umana in quanto non ci sarebbero garanzie sulla sua sicurezza.
Eppure nel resto del mondo le cose andrebbero diversamente. La carne coltivata rappresenta indubbiamente il più noto dei cibi sintetici e che sta prendendo sempre più piede. Malgrado lo stop in Italia, infatti, in altre parti del mondo le cose andrebbero diversamente. Negli Stati Uniti ed a Singapore, infatti, la carne sintetica è già autorizzata, nonostante lo scetticismo generale.
Oltre ai dubbi però ci sarebbero anche i possibili vantaggi derivanti dall’uso di carne sintetica, come ribadito Pietro Veragouth, direttore del Swiss Institute for Disruption Innovation, in una intervista rilasciata al Corriere del Ticino nel 2021. Veragouth aveva sottolineato le problematiche salienti di un allevamento intensivo di animali quali: emissione di gas serra, sfruttamento del suolo ed elevato consumo di acqua (solo per citarne alcune). “Lo sviluppo di carne sintetica rappresenta un’alternativa ecosostenibile in toto”, aveva aggiunto.
Se oggetto di scetticismo legato alla produzione di carne sintetica era stato anche il costo, i prezzi della carne sintetica sono diventati certamente più accessibili e nel 2030, stando ad un’analisi di McKinsey,avrà un costo paragonabile a quello della carne animale.
Non sono poi mancate le perplessità anche rispetto alla maggiore ecosostenibilità delle tecnologie impiegate per la coltivazione della carne. In particolare, i dubbi sorgono in merito all’impiego di presunti strumenti poco o per nulla “green” usati per la coltivazione della carne. Affinchè possa essere considerata a tutti gli effetti ecosostenibile, la produzione di carne sintetica dovrebbe impiegare esclusivamente energia rinnovabile.
Secondo Wired, dunque, i principali vantaggi del passaggio dalla carne animale a quella coltivata sarebbe da rintracciare nel minore consumo di acqua (si parla del 78% in meno) e di suolo (95% in meno) rispetto all’allevamento tradizionale.
La vera sfida secondo Bill Gates

Era il 2019 quando Bill Gates fece scalpore con una sua dichiarazione, secondo la quale “i Paesi più ricchi dovrebbero iniziare a consumare regolarmente carne sintetica per inquinare meno”. Il tema della carne coltivata è particolarmente caro al fondatore di Microsoft, diventato uno dei maggiori investitori nel campo, nonché tra i finanziatori di Beyond Meat, società statunitense nata nel 2009 e che si pone il proposito principale di realizzare surrogati vegetali della carne.
Bill Gates ha investito anni e diversi miliardi di dollari nella lotta al cambiamento climatico attraverso la sua fondazione. A detta del miliardario una delle principali cause del cambiamento climatico che la maggior parte delle persone tende a sottovalutare è da attribuire all’agricoltura, e nel dettaglio alle emissioni di metano causate dal bestiame e dall’uso di fertilizzanti.
Gates ha affrontato l’argomento anche di recente nell’ultimo episodio del suo podcast “Unconfuse Me”, in cui ha fortemente sostenuto le imprese di alimenti a base vegetale per via del loro potenziale inimitabile nel contrastare il cambiamento climatico.
La vera sfida, secondo Bill Gates, è convincere le persone a rinunciare alla classica carne in favore di quella sintetica, le cui vendita rappresentano anche una piccola percentuale del mercato totale della carne. Ma nonostante questo si reputa piuttosto ottimista anche sul fatto che le aziende di carne sintetica possano continuare a migliorare i propri prodotti e ridurne i costi, rendendoli così più accessibili e popolari.
Non solo carne sintetica: arriva la frutta coltivata in laboratorio

Dopo le ampie discussioni sulla carne coltivata in laboratorio, conosciuta anche come “carne sintetica”, e gli scetticismi che ruotano attorno all’argomento, in Nuova Zelanda è in corso un esperimento innovativo che ha come obiettivo quello di affrontare in maniera concreta le preoccupazioni legate alla sicurezza alimentare dovute al cambiamento climatico: la produzione di frutta in laboratorio. Gli scienziati dell’istituto di ricerca Plant&Food di Christchurch stanno sperimentando, nel dettaglio, la coltivazione di frutta da cellule vegetali, come parte di un programma finanziato dal governo, volto a garantire la sicurezza alimentare del Paese.
A differenza di ciò che accade in altri Paesi, compreso il nostro, in Nuova Zelanda, nonostante sia nota per la sua capacità di coltivare prodotti tradizionali, si dà grande importanza anche alle sfide future legate alla crescita della popolazione, all’urbanizzazione e al cambiamento climatico.
Gli scienziati stanno cercando di creare frutta “sintetica” eliminando le parti generalmente scartate, come il torsolo delle mele o la buccia d’arancia, per ridurre gli sprechi alimentari e fornire un prodotto completamente commestibile ai consumatori finali. Il team di ricerca ha lavorato su tessuti cellulari di mirtilli, mele, ciliegie, pesche, nettarine e uva per un periodo di 18 mesi. L’obiettivo è quello di ricreare il sapore, l’odore, la consistenza e l’aspetto della frutta tradizionale, rendendo il prodotto finale nutriente ed al tempo stesso appetibile.
La sfida principale, che non si discosta poi tanto da quella della carne coltivata in laboratorio, sta nel riprodurre fedelmente le caratteristiche sensoriali della frutta convenzionale o almeno offrire esperienze simili. Il dottor Ben Schon, a capo del programma “Food by Design” e responsabile della ricerca, ha ammesso che potrebbero passare anni prima di raggiungere tale obiettivo ed ha ribadito che la creazione di un nuovo alimento con proprietà altrettanto allettanti è il vero scopo dell’intero studio.
Inoltre, secondo i ricercatori, questo approccio ha due vantaggi collegati al cambiamento climatico: la possibilità di coltivare frutta nelle città, riducendo le emissioni legate al trasporto alimentare, e la protezione delle colture dagli eventi meteorologici estremi, che rappresentano una crescente minaccia per i frutti.
Sebbene gli alimenti coltivati in laboratorio possano svolgere un ruolo cruciale nell’agricoltura sostenibile, si trovano ancora nelle prime fasi di sviluppo, e la loro sicurezza per la salute umana rimane ancora tutta da dimostrare. Superare concretamente gli ostacoli, a partire dallo scetticismo del consumatore, potrebbe richiedere molti anni, se non decenni, poiché gli studi clinici necessari sono lunghi e soprattutto costosi. Ma la sfida resta al momento apertissima.